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Annuncio vincitrice Premio Italia 2022

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Nell’ambito di quello che è stato proclamato l’”Anno Europeo dei Giovani”, la Settimana della Lingua individua quest’anno, come destinatari d’elezione, proprio le nuove generazioni, che ha come sotto tema “L’italiano e i giovani. Come, scusa? Non ti followo! “ .

Per l’occasione agli studenti delle universita’ australiane e’ stato proposto un concorso con produzione di elaborati di vario genere in lingua italiana.

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Gli esiti del concorso sono stati comunicati in occasione della Conferenza Nazionale degli Insegnanti d’Italiano, che tenutasi a Perth il giorno 22 ottobre 2022.

In quella stessa sede, e’ stata annunciata la vittoria per lo/la studente/ssa primo/a classificato/a.

 

Numerose sono state le candidature e ringraziamo tutti i partecipanti per aver arricchito con le loro storie questa rassegna linguistica annuale!

 

Congratulazioni a Lucy Eaton che con la sua storia “Un campanello d’allarme” si e’ guadagnata la vittoria del Premio Italia 2022 

 

 

Un campanello d’allarme

Un racconto di Lucy Eaton

 

Mi sveglio di colpo. Una raffica di vento ha fatto volare i miei disegni dalla tavola e cadono di botto sul freddo pavimento della mia casa.

Mi stringo addosso la camicia da notte e rabbrividisco fortemente; non mi sono mai abituata a queste gelide serate invernali. Sento il ritmo dell’orologio a pendolo, che a volte mi tiene sveglia per tutta la notte, ma stasera sono ormai molto stanca. L’orologio suona la mezzanotte.

Chiudo gli occhi e, come faccio sempre, bisbiglio un desiderio verso il cielo. Penso a quanto vorrei starmene in un posto diverso, in un tempo diverso, in un corpo diverso. Non ce la faccio più con questa vita sola, fredda e monotona.

Faccio questa vita da tanto tempo e le strade di Noto le conosco come le mie tasche. L’architettura barocca e i palazzi storici hanno perso il loro fascino, e ultimamente sembra che non smetterà mai di piovere. Non mi ricordo più la sensazione del sole sulla pelle o del canto degli uccelli di mattina.

Mi sento chiusa in me stessa e anche nelle mura della città. Mio nonno mi ha sempre detto che noi siamo stati fatti apposta per avventurarci, scoprire, scorrazzare liberi.

Voglio alzare lo sguardo e osservare il cielo, il sole e le stelle. Non il soffitto. Voglio vedere il futuro, quando tutto sarà molto più eccitante e bello. Ne sono certa.

E così incrocio le dita ed esprimo il mio desiderio più grande. “Portami al sole. Dove ci si sveglia ogni mattina al cinguettio degli uccelli.”

Chiudo la finestra della camera da letto, tento di addomesticare in una treccia i miei ciuffi ribelli, e appoggio la testa sul cuscino. Sogno di un viaggio, del caldo, e di un nuovo futuro.

Mi sveglio di colpo. Una raffica di vento ha fatto volare i miei disegni dalla tavola e cadono di botto sul freddo pavimento con fracasso.

Ma, come scusa?

I miei disegni non dovrebbero fare un suono così. Per abitudine, mi stringo addosso la camicia da notte, solo per accorgermi che non mi serve. Sono sudata. Strano. Faccio la mia strada verso il cumolo di fogli, e noto che stanno facendo un rumore molto strano. Sono molto confusa, e temo di essere sonnambula.

Ma poi sento il ritmo dell’orologio a pendolo e mi accorgo che sono davvero sveglia. Uno ad uno, raccolgo i fogli, che sono popolati con i miei soliti schizzi caotici. Ancora sento questo ronzio che viene da sotto. Sarà un’ape?

“Tweeeeeet!” Faccio un salto indietro. Una piccola scatola nera sta per terra accanto ai miei piedi nudi, e non smette di strillare. Non capisco cos’è.

Non ho mai visto una cosa simile, e non so cosa fare. Poi, si illumina e tante parole appaiono sulla parte anteriore. La prendo e comincio a leggere.

È in italiano, ma ci sono tantissime parole che non conosco. Instagram. Facebook. WhatsApp. Google. Twitter. Mi chiedo cosa significano queste parole strane. La scatola si spegne, e per un attimo resto paralizzata. Ma l’emozione è troppo forte, e crollo per terra.

Guardo verso l’orologio e vedo che sono quasi le sette. Devo essermi addormentata. Sono molto disorientata.

Butto quella stupida scatola sul letto e cammino verso la finestra dove la tendina salta in aria come la gonna di Marilyn Monroe. La tiro e metto fuori la testa cosicché vedo meglio la strada sottostante.

È mattina, e c’è già qualche gruppo di ragazzi che giocano in piazza. I maschi calciano un pallone avanti e indietro, e le ragazze li guardano attente con gli occhi spalancati. Il suono familiare delle risate mi fa sentire un po’ meglio, fino a quando noto un nuovo gruppo di ragazzi che passano molto vicino.

Tutti hanno una scatola identica in mano. Sembrano zombie. Nessuno parla, nessuno guarda intorno. Sembrano ipnotizzati. Il pallone ne colpisce uno da dietro, ma lui non alza la testa nemmeno un centimetro. Davvero ipnotizzato. Improvvisamente ho paura, e so che devo sbarazzarmi di quella scatola prima che ipnotizzi anche me.

Scendo fino al piano terra dove sono accolta da un signore che parla con sé stesso. Matto. Poi vedo che ha due piccole sfere bianche nelle orecchie che poi toglie per salutarmi.

Ancora molto confusa e sentendomi un po’ scomoda con questo tizio pazzo vicino a me, spingo con forza il portone e me ne vado.

Uffa. Sono arrivata in Africa?

Qua non piove, il cielo è limpido e c’è solo il sole cocente. Come mai fa un caldo così a novembre?

L’aria che riempie i miei polmoni sembra pesante e densa, e mi accorgo di essere già sudata completamente dopo solo due minuti fuori casa. Le persone che passeggiano per strada sono lente come tartarughe – anche loro non sono capaci di funzionare bene in questo caldo.

Mi riposo un attimo su una panchina, sedendomi accanto a un’anziana che sta leggendo il giornale. Le chiedo se questo maltempo continuerà per il resto della settimana. Mi risponde tristemente, “riscaldamento globale,” e gira pagina.

Non ho capito cosa voleva dire, ma dal tono della sua voce capisco che non sarà una bella cosa questo “riscaldamento globale.”

Faccio un appunto mentale: cercare un libro domani alla biblioteca che mi spiega questo fenomeno. La signora si alza e mi saluta, e io la guardo mentre se ne va.

Poco dopo arriva un’altra persona, questa volta una giovane ragazza con capelli rossi e crespi. Anche a lei chiedo se questo maltempo continuerà per il resto della settimana.

Mi risponde come un dato di fatto, “riscaldamento globale.” Ormai troppo curiosa, le chiedo di spiegarmelo. “Cerchi su Google,” mi fa, e tira fuori la sua scatola magica.

Come scusa? Questa ragazza mi sta dicendo parole senza senso. La ragazza vede il mio volto perplesso e continua.

“Lei non ha visto tutti quei post su Instagram recentemente? Quelli che dicono che il riscaldamento globale è codice rosso per una catastrofe? Ecco, glieli faccio vedere. Ho screenshottato un post del National Geographic stamattina. La mia amica mi ha taggata.”

Con stupore, guardo le immagini che mi mostra sulla sua scatola. Poi mi fa vedere un tipo di film di un incendio boschivo davvero devastante.

Mi passa la scatola in modo che riesca a vedere meglio. Sento il calore che emana dalla scatola nelle mie mani. Ecco perché c’è così tanta aria calda, penso.

“Ah, sì ora capisco tutto,” dico, disperatamente confusa. “Grazie dell’aiuto.” Le rivolgo un sorriso debole e vado a casa. Mentre mi allontano sento il “tweeeeet” dalla sua scatola dietro di me. Questo non è ciò che avevo richiesto.

Arrivata a casa, mi stendo sul divano, accaldata e turbata. L’unico modo per alleviare la confusione è riempire il vuoto e scriverne.

Oggi ho imparato molte cose. Una di esse è il potere delle parole. Alcune aiutano, altre insegnano, e poi ci sono quelle che allontanano le persone. In questo momento, non mi sono mai sentita così sola.

L’italiano non è più come una volta. Se questo è il futuro non ho nessuna voglia di farne parte. Mi ricordo le parole del nonno, che siamo stati fatti apposta per avventurarci, scoprire, scorrazzare liberi. Alla fine della fiera però, siamo noi i padroni del nostro destino.

L’orologio suona il mezzogiorno.

Mi sveglio di colpo. Cammino verso la finestra e guardo giù per vedere i bambini che giocano in strada. In cerca di avventura e aria fresca nei polmoni, corro di sotto.

Prima di attraversare la strada che mi porterà fuori città e verso la campagna, mi fermo a guardare le stradine acciottolate del villaggio che brillano al sole.

Vedo le nuvole rincorrersi nei riflessi delle pozzanghere e aprire il sipario a un sole che nel giro di un soffio asciuga le strade e riscalda la mia anima.

Alla mia sinistra c’è un ampio parco verdeggiante dove i fiori di primavera ricoprono i rami degli alberi. Sento il cinguettio dolce degli uccelli. Incrocio le dita e mi giro verso il sentiero.

E lo seguo